“Tuo fratello è più forte”

Sceriffo, il padre del capitano, no. Enzo, padre Francesco Totti, si è arreso ieri all’inizio della giornata, et al Coronavirus. Ad influenzare il suo destino, all’età di 76 anni (festeggiato il 3 maggio), altre patologie che lo hanno reso più vulnerabile quando il Covid-19 lo ha colpito: diabete, pressione e persino un cuore che lo hanno messo in stato di ansia qualche anno fa. I primi sintomi all’inizio della scorsa settimana, da martedì, stanno diventando più evidenti. Giovedì ricovero allo Spalanzani. E nel fine settimana è peggiorato, non riuscendo a superare la crisi.

C’è chi non ha mai saputo che il suo nome fosse Enzo. Solo lo sceriffo. A Trigoria e oltre. Qui e all’estero. Perché lui, anche se ha sempre cercato di evitare l’aereo (l’ha portato a Praga, non volendo perdere la finale dei Mondiali 2006 a Berlino), ha seguito suo figlio in tutti gli stadi d’Italia e d’Europa. In macchina o quando il gruppo si è allargato noleggiando i furgoni più comodi. Che ha preso per andare al Messina, partendo 3 giorni prima della partita con la “Roma” e rientrando nella capitale in 3 giorni. Un percorso culinario che va alla scoperta dei ristoranti e delle osterie delle regioni che ha attraversato. Con una battuta pronta e allegra, lasciata in dote del capitano. “Sei il padre di Totti?” Gli veniva spesso chiesto durante gli incontri con Brunik. “No, è lui”, indicando chi c’era, pronto a rivivere con lui “My Friends” di Manicelli. Risate e scherzi accompagnano ogni giorno. In privato e in famiglia. Non in pubblico dove non è mai salito sul palco. Timido e timido. Ha lasciato il lavoro in banca prima dei campionati del 2001 perché il ruolo del padre di Totti lo ha pesato in ufficio. I colleghi, almeno una volta al mese, li radunavano a pranzo per prendersi gioco l’uno dell’altro. E con un cuore così grande per aiutarli quando si mettono nei guai. Dà un effetto preciso che si definisse insieme a Francesco. Come se si fossero fermati insieme. Lo sceriffo non si reca alle Olimpiadi dal 28 maggio 2018, dove è sempre apparso accanto alla madre Fiorella e al figlio maggiore Ricardo. Ha detto che bastava dire addio al calcio numero 10, partita casalinga contro il Genoa, e Palotta e Spalletti hanno fischiato settantamila tifosi. Ha chiuso troppo vicino e si è sicuramente fatto male dando la prima palla a questo ragazzo biondo. Non appena ha iniziato a camminare. E soprattutto è stato lui ad applicare la passione per i colori giallo e rosso del capitano, che li ha tenuti vicini per tutta la vita. “Sei sul tubo, forte – tuo fratello.” L’ha detto seriamente, a parte la leggenda. “Tutto quello che mi hai insegnato, lo trasmetto ai miei figli, ai tuoi nipoti. Grazie a tutti, mio ​​padre, o meglio lo sceriffo ”, ha postato su Instagram il capitano il 19 marzo dell’anno scorso. Una presenza forte, come la sera di Ancona del 31 marzo 1999, quando andò a prendere il figlio, arrabbiato per essere stato sostituito da Zoff tra Italia e Bielorussia. Correndo alla Roma senza salutare l’allenatore.

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Vita Scala, il fedele personal trainer di Francesco, lo ha progettato bene e lo ha presentato alla famiglia dello sceriffo. Bonaccione, invece. Bastano le passeggiate di Enzo per capire: gambe arcuate, ma senza cintura e fucile, che si avvicina alla spiaggia in una delle giornate passate alle porte di Ostia. E quando arriva il momento di sedersi, mette la sedia nella direzione opposta, con le spalle al petto, in uno stile molto Traster. Oltre a tenere i contatti con polizia e vigili urbani, gli amici sono stati incontrati per le strade di San Giovanni, attraverso Vitulonia, e tenuti in sella al loro maxi scooter. Rapporto vero, anche prima di trasferirsi nella villa di Axa. A Trigoria era un visitatore quotidiano. Fisso un appuntamento tutte le mattine, soprattutto quando Spalletti inizia la sua prima avventura a Jalarosa, ormai 15 anni fa: pizza bianca e martadella. “Sceriffo, lo porterai solo quando vinciamo.” E iniziò la raffica di 11 successi consecutivi. Alcol dentro e fuori dal campo. Facoltativo per dipendenti, dirigenti, allenatori e giocatori. A volte anche prosciutto. O coppie. E per gli ossessionati dal pesce bastava ordinare, e lui, generoso fino alla fine, si è presentato il giorno dopo, accompagnato anche dalla sua pescheria di fiducia. E, come se non bastasse, è stato lui a presentare l’asturiano Luis Enrique per l’apertura del parquet.

Ultimo aggiornamento: 13 ottobre, 00:26


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