Monte Testaccio: la più grande discarica di Roma

Baetica, centro economico del petrolio e delle anfore

Antichi storici come Strabone e Plinio il Vecchio chiamarono Baetica la regione di origine dell’olio d’oliva nei secoli a cavallo del secolo. La provincia ha vissuto un periodo di notevole declino a partire dall’imperatore Augusto, che regnò nel 27 a.C. AVANTI CRISTO Fino al 14 d.C., grande prosperità economica. Nella zona compresa tra le città di Hispalis, Siviglia, Cordoba e l’odierna Estegui – oggi conosciuta come Ecija – Gli archeologi hanno ora scoperto circa 100 pezzi di ceramica romana. Si trovava sul fiume navigabile Baetis, l’odierno fiume Guadalquivir, e sul suo affluente Singelis, il fiume Genil, sulle cui sponde si trovano anche depositi di argilla necessari per la produzione di anfore.

Da questi vasi ceramici si producono fin dai tempi dell’imperatore Augusto anfore olearie del tipo “Dressel 20”. Indagini archeologiche del CEIPAC Ciò è confermato anche da scritti antichi. La fertile valle del Baetis era un centro per la produzione dell’olio d’oliva, ‘Oleum byticum’. Uliveti, frantoi e laboratori di ceramica erano vicini l’uno all’altro. Le anfore piene venivano trasportate fino alla foce dell’Oceano Atlantico su piccole chiatte fluviali. Lì furono caricati su navi idonee alla navigazione e inviati in Italia, precisamente a Ostia Antica.

© CEIPAC, Università di Barcellona (dettagli)

Pezzo di anfora | Gli archeologi hanno recuperato la parte superiore di un’anfora commerciale dal Monte Testaccio. La conchiglia è ricoperta di iscrizioni in inchiostro nero. Menzionano l’olio nel suo contenuto, così come il peso delle merci e i nomi dei mercanti. Le sigle indicano che la merce è arrivata al porto e al magazzino.

La città alla foce del fiume Tevere fu per lungo tempo il porto principale di Roma. Tuttavia, quando il luogo divenne sempre più interrato, l’imperatore Claudio stabilì un nuovo porto che fu costruito più a nord a partire dal 42 d.C. Tuttavia, il bacino portuale forniva poca protezione durante le tempeste. Nel 64 d.C. vi affondarono 200 navi che trasportavano grano. Così, nel 103 d.C., l’imperatore Traiano fece costruire non lontano da lì un imponente bacino portuale esagonale, i cui contorni sono ancora visibili nel paesaggio oggi come Lago di Traiano. Dal II secolo d.C. vi arrivarono navi che trasportavano olio beto, che veniva trasferito su chiatte e trasportato a monte fino alla città. L’ultima tappa era sotto l’Aventino, accanto all’odierno Ponte Suplicio.

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Lì le barche venivano scaricate nel porto fluviale e le merci venivano immagazzinate in grandi magazzini. Queste “horias” a due piani erano ubicate una accanto all’altra nella pianura tra il Tevere e l’Aventino. Rimangono solo poche tracce, come gli elementi ad arco della Porticus Aemilia, un magazzino che un tempo misurava 490 x 60 metri. Ma oggi gli edifici di epoca romana nella zona di Testaccio sono conosciuti perché conservati in più punti della “Forma Urbis Romae”. Su questa grande mappa marmorea della città, esposta pubblicamente nell’antica Roma, gli “horia” sono rappresentati come edifici allineati uno dopo l’altro. E tra questi incombe il Monte Testaccio.

Come la collina raggiunse la cima

Per comprendere la struttura interna della montagna, Gli esperti del CEIPAC hanno effettuato le misurazioni della gravità. I loro dati hanno mostrato che il Monte Anfora è costituito da due sezioni sovrapposte con densità diverse. La parte inferiore dell’interno era meno densa perché probabilmente i contenitori ceramici venivano trasportati in discarica in modo disordinato. Tuttavia, il materiale di cui sopra era molto più compatto. Gli scavi a lungo termine condotti dal gruppo di lavoro hanno inoltre dimostrato che il Monte Testaccio cresceva in altezza come una piramide a gradoni. Le anfore venivano scaricate sui pendii fino a creare una ripida piattaforma, dove veniva accatastato un altro piolo basso e poi spostato verso l’interno. I paragrafi sono stati compilati successivamente.

Innanzitutto furono assemblate in questo modo due grandi piattaforme e successivamente accanto ad esse furono costruite dighe più piccole. Dal I al III secolo d.C. circa, le anfore finirono nella spazzatura di Roma.

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