L’Italia sta cercando di uscire dalla Via della Seta cinese


Lotta per il commercio: il ministro degli Esteri cinese Wang Yi (a destra) incontra il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani a Pechino.
Foto: AP

Il governo italiano sta cercando di uscire dall’iniziativa infrastrutturale cinese con il minor danno possibile. La decisione non deve comportare alcun danno per le aziende. Ma Pechino si oppone.

WCome uscire dall’accordo con Pechino e allo stesso tempo garantire che nulla cambi? Questa è la sfida che deve affrontare l’Italia, che è l’unico Paese del G7 ad aver firmato l’iniziativa cinese “Nuova Via della Seta”, e che ora si trova ad affrontare la questione della proroga o del ritiro. L’accordo firmato quattro anni e mezzo fa scadrà nel marzo del prossimo anno e il governo italiano dovrà annunciarne l’uscita entro la fine dell’anno. Il governo degli Stati Uniti sta apertamente sollecitando Roma a farlo, e non sembra incontrare molta resistenza. Giorgia Meloni si era già opposta all’iniziativa durante la campagna elettorale, soprattutto perché per lei la sovranità del Paese, in quanto rappresentante dello schieramento politico di destra, è considerata sacra.

Gustav Thiel

Corrispondente commerciale dalla Cina con sede a Shanghai.

Ma come capo del governo, Meloni affronta anche la realtà del colosso economico cinese, di cui le aziende italiane hanno bisogno. L’obiettivo ora è limitare i danni qualora la Roma abbandonasse l’iniziativa, come previsto. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, durante un incontro a Pechino all’inizio della settimana con il suo omologo Wang Yi, ha confermato: “Vogliamo rafforzare la cooperazione commerciale”. Ha sottolineato che l’eventuale uscita, che alla fine sarà decisa dal Parlamento italiano, non dovrebbe incidere sui buoni rapporti economici; Questo è importante, almeno per i produttori italiani del lusso.

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