Il nuovo incubo di Conte

Racconto non commenta i risultati ”, ha riferito Palazzo Chigi. Anche perché dopo aver evitato per settimane di mettere la testa nella trappola delle urne, il Presidente del Consiglio attende di capire come Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio l’intenzione di spendere il “capitale” raccolto nelle urne. Conte ha fatto una serie di telefonate ieri pomeriggio chiamando al telefono il segretario del Pd e il ministro degli Esteri. Non aver messo la faccia ai voti – salvo una timida dichiarazione a favore del Sì – se avesse evitato tutti i rischi legati ad una possibile sconfitta a Conte, a causa della legge di ritorsione che governa anche i momenti elettorali, gli impedisce di registrare un successo che ora può vivere solo di riflesso.

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Il risultato del referendum e delle elezioni regionali blocca il governo perché la vittoria del Sì rafforza Luigi Di Maio e quella del segretario dem regionale, ma indebolisce il premier che per tutta la fase dell’emergenza sanitaria ha lavorato per rafforzare la sua posizione. leadership che aveva infatti tolto ai due leader dei partiti di maggioranza. Si torna invece alla dimensione post-Papeete, quando Conte ha evitato di lasciare Palazzo Chigi grazie all’affare fatto da Di Maio e Zingaretti dietro la spinta a Matteo renzi. I risultati di ieri rafforzano ora i partiti. Di Maio, dopo aver messo in crisi la linea Di Battista, potrà ora orientare la definizione degli assetti interni del M5S con le dichiarazioni generali che potrebbero tenersi a breve. Riprendere il Movimento e portarlo sulla via delle alleanze significa per Di Maio eliminare anche le aspirazioni di Conte a fungere da unico elemento di raccordo tra 5S e Pd.
La vittoria in Toscana mette a tacere le aspirazioni di chi nel Pd ha lavorato per una nuova dirigenza e per una linea di partito diversa da quella del segretario Zingari.

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Sul tavolo di Palazzo Chigi potrebbe arrivare presto la richiesta di tagliando che i dem hanno fortemente sollecitato in vista delle elezioni e che la pattuglia del governo 5S non ha disdegnato. Una ridefinizione del programma che potrebbe portare anche ad un certo fatturato. Gli appetiti abbondano nel Partito Democratico, ma una “rivoluzione” nell’esecutivo sembra complicata a meno che non si voglia davvero un conte che, però, dovrebbe passare al vaglio del Quirinale e del Parlamento. Sebbene l’interessato continui a smentire, all’interno del Pd è sicuramente dato l’ingresso dello stesso Zingaretti, che potrebbe ricoprire un ruolo di Vicepresidente del Consiglio, costringendo di fatto le 5S a rivendicare lo stesso ruolo, può -essere con Di Maio stesso. Se è così, la Regione Lazio tornerà al voto contemporaneamente al sindaco di Roma, il che potrebbe facilitare un affare dem-grillini.

Anche se lo schema Conte1 non si ripete del tutto, con il presidente del Consiglio “circondato” da esponenti dei due partiti più forti, la stagione del premier-mediatore potrebbe concludersi proprio grazie alla volontà di Zingaretti e Di Maio di fare l’alleanza strutturale anche attraverso la legge elettorale sulla quale il dem chiede ora di essere rafforzata. Il ministro degli Esteri ha registrato pienamente la vittoria al referendum e, liquidando la figura regionale (“si sarebbero potuti organizzare diversamente”), proietta il M5S verso un accordo con il Pd per il voto amministrativo nel 2023.

Ci saranno ostacoli anche per la presenza nell’esecutivo di Iv e Leu, ma i miliardi del fondo stimolo lavoreranno sull’asse Di Maio-Zingaretti, come un ottimo lubrificante. La resa dei conti tra Palazzo Chigi e il Mef è in corso ed è rimasta più o meno nascosta fino ad ora, ma i dem vogliono che la sala controllo spesa sia affidata al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Più che i decreti sicurezza e il Mes, si gioca ora su 209 miliardi di euro. Lo ha capito Matteo Salvini che ieri sera ha chiesto al presidente del Consiglio di essere coinvolto nel tentativo, forse tardivo, di sbarrare la strada a Luca Zaia che potrebbe affrontare se stesso e, forse, no. solo per il Veneto. Ridurre il ruolo di Palazzo Chigi nella gestione delle enormi risorse messe a disposizione dall’Europa, sia con la ripresa che con il Mes, per costruire il perno dell’alternativa alla destra sovrana e antieuropea. Il tempo a disposizione non è molto. I governatori, e non solo quelli giusti, stanno facendo le zampe.

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