Covid, palestre e ristoranti sono più sicuri delle chiese. Ecco i “super diffusori” del virus

У Una pandemia i luoghi non sono tutti uguali: nelle notizie è scritto Dpcm. In pratica esistono ambienti più pericolosi di altri cosiddetti “superdiffusori”. Questi sono macelli, anche feste private funerale ma anche carceri o, per alcuni, trasporti e hanno un effetto statistico sulla diffusione del coronavirus più di altri. È chiaro che è impossibile incolpare in questo posto, di per sé quattro mura non portano compiti speciali, ma, sfortunatamente, alcuni modi di comportamento o caratteristiche interne di attività che svolgono, li rendono meno sicuri.

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Indubbiamente, il caso più significativo è il massacro. Dall’inizio dell’emergenza sono avvenute centinaia di chiusure in tutto il mondo – soprattutto negli Stati Uniti e in Germania, ma anche in Italia e anche di recente -. Infezione da coronavirus covid 19 fabbriche che trasformano le carcasse per il cibo: si sono infatti trasformate in un’epidemia senza motivo. Dopo diversi mesi di tentativi per migliorare i protocolli e inasprire le regole, ma uno studio italiano condotto in Puglia dal virologo e neo eletto Pierre Luigi Lapalco, lo ha trovato sulla carne stessa, ritenendolo portatore del contagio. . Il motivo deve essere dovuto alla freddezza delle celle e all’umidità, che riducono l’immunità degli operatori. Le caratteristiche interne che vanno contrastate con il buon senso, nel rispetto delle distanze e nell’indossare una maschera, ma che, non potendosi fermare completamente sotto la minaccia di blocco delle forniture, fanno di un luogo come un mattatoio un “super diffusore”.

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Lo stesso vale, ad esempio, per le chiese, in particolare quelle americane, dove la presenza di moltissimi cori (il canto comporta inevitabilmente l’espulsione di gocce pericolose) le ha portate a diventare vaste pozze di contagio. Tant’è che anche la chiusura della Scala di Milano di pochi giorni fa è stata provocata da uno scoppio interno, i cui protagonisti erano i cantanti. Ma anche, purtroppo, alcuni esempi ancora più vicini a questa sponda dell’Atlantico, nelle carceri. Il fatto che gli italiani non garantiscano ai detenuti spazi abitativi sufficienti non è certo una novità, figuriamoci una pandemia in cui, per evitare il contagio, è necessario prima stare a distanza. Inoltre, spesso è impossibile creare un ambiente in cui isolare i positivi oi nuovi ospiti appena arrivati ​​da fuori. E lo stesso vale per gli stadi che, anche all’aperto, hanno un’alta densità di oggetti che parlano ad alta voce, gridano o cantano. Immagina che in un ambiente chiuso, come le discoteche, l’effetto moltiplicatore sia causato dal fatto che spesso in queste condizioni la maschera si abbassa, cosa che può capitare.

Ad esempio, la mancanza di maschere è uno dei principali fattori da considerare quando si parla di ristoranti o altre attività amministrative (o cene organizzate a casa). Per questo, a parte l’ironia, il fatto della loro chiusura all’età di 18 anni non è correlato al rapporto tra il tempo e la diffusione del virus. Quanto al fatto che a pranzo più che a cena, il cibo è solitamente più complesso, formale, spesso lavorativo. La stessa combinazione di comportamento e caratteristiche ambientali che ha portato, ad esempio, a dimostrare che l’infezione è particolarmente “facile” solo quando si tratta di palestre di un certo tipo che hanno sessioni di gruppo. Ad esempio, in Corea del Sud, una lezione di “zumba” ad alta intensità al chiuso ha causato una catena di infezioni nella città di Chonan, 112 casi di conferma da parte di Kovid. Lo stesso si può dire dei trasporti – ma c’è la ventilazione principale dei veicoli – o nelle aule: la differenza sta nel comportamento. Raccomandare vivamente l’adesione alle raccomandazioni potrebbe non essere sufficiente. D’altra parte, se il Giappone ha ridotto il tasso di trasmissione del virus mantenendo aperti i parchi pubblici e gli stadi, ciò è dovuto al fatto che il primo, come il secondo, è destinato a rimanere in silenzio.

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